Abusivismo, piaga da 21,4 miliardi
Un giro d’affari di 21,4 miliardi di euro. E’ il fatturato generato dall’abusivismo, secondo le stime elaborate da Confesercenti sul fenomeno nel commercio e nel turismo e presentate durante il Meeting dell'Associazione svoltosi a Perugia.
Si tratta di un valore molto elevato, pari al 13,8% del fatturato dei due comparti. E che danneggia non solo le imprese che operano nella legalità, ma anche lo Stato, causando un danno erariale di 11,1 miliardi di euro in mancato gettito abusivi fiscale e contributivo. Se le attività abusive fossero azzerate, l’Erario recupererebbe abbastanza tasse non solo per finanziare il taglio di Imu e Tasi sulla prima casa, ma anche il raddoppio della platea di beneficiari del Bonus da 80 euro. Ci guadagnerebbe anche l’occupazione: la regolarizzazione farebbe emergere 32mila posti di lavoro aggiuntivi.
“Quella dell’abusivismo è una realtà grave, importante – ha denunciato il presidente di Confesercenti Massimo Vivoli -, che abbiamo scelto di affrontare e di approfondire non soltanto perché ci riguarda da vicino, ma perché alimenta degrado economico e sociale. Il fenomeno è in continua ascesa. Crisi economica ed un fisco opprimente hanno messo in ginocchio molte delle nostre imprese, ma sono le attività abusive a dar loro il colpo di grazia. Parliamo di un sistema di illegalità complesso e profondo, nel quale cresce e si alimenta anche la criminalità organizzata. E’ un problema per tutti, non per i soli imprenditori”.
I principali effetti negativi legati alla concorrenza da parte delle attività non regolari riguardano la perdita di fatturato per chi opera nel rispetto delle regole. Per alcune categorie l’impatto economico è particolarmente sentito: è il caso ad esempio del commercio su aree pubbliche, dove la percentuale di operatori abusivi è piuttosto elevata. Anche nell’ambito del turismo, il fatturato sottratto dalle attività irregolari agli imprenditori d’albergo e alle agenzie di viaggio è molto elevato. Secondo le stime, in Italia sono in attività circa 100mila irregolari: imprenditori che registrano la propria impresa alla Camera di Commercio ma che poi svaniscono nell’ombra, senza versare un euro di tasse o contributi.
Nei registri delle camere di commercio sono registrate 182mila imprese operanti nel commercio su area pubblica, ma solo 70mila hanno aderito agli studi di settore. Una percentuale che sembra troppo esigua: gli studi si applicano ad attività con un fatturato compreso tra i 30mila ed i 3 milioni di euro l’anno, e sembra improbabile che tutti e 110mila gli ambulanti che mancano all’appello abbiano fatturati inferiori (o superiori) ai limiti.
Consistenza numerica simile (circa 96mila) per il gruppo di imprese che non ha mai versato un contributo all’INPS negli ultimi due anni. Dall’analisi di questi dati, emerge come la percentuale maggiore di irregolari sia straniera: le imprese ambulanti non italiane che risultano prive di versamenti sono circa l’83% (70.421) a fronte di un 26% delle imprese italiane (25.556).
Il Presidente di Confesercenti Milano Andrea Painini sull'argomento: "Milano, oltre a essere invasa dalle formule di abusivismo più "classiche", è trampolino di lancio per nuove attività commerciali non dichiarate che, sotto spoglie più "eleganti e social", minano il mercato degli esercizi professionali".